Il Libro della Giungla
La Riconciliazione di Walt
È paradossale che Walt Disney non sia riuscito ad assistere all'uscita nelle sale de Il Libro della Giungla, il lungometraggio che l'aveva finalmente riavvicinato all'arte dell'animazione. I cartoni animati erano stati il punto di partenza del suo impero, tuttavia la disaffezione di Walt nei loro confronti era cresciuta con gli anni, dopo una serie di cocenti delusioni. Il flop di Fantasia (1940) fu il primo vero brutto colpo, a cui seguì la chiusura dei mercati esteri dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Il conflitto danneggiò fortemente l'evolversi di questa forma d'arte, frenando di conseguenza le ambizioni di Walt. La mazzata definitiva arrivò nel 1941 con il tremendo sciopero degli animatori, un vero e proprio giro di boa nella carriera del grande cineasta. Il suo sogno di una realtà informale e cameratesca in cui portare avanti la sua visione non aveva più alcun riscontro con la dura realtà lavorativa che lo circondava, in cui il suo interesse e quello dei dipendenti non coincidevano necessariamente. Fu del tutto naturale a questo punto per lui smettere i panni del semplice artista e abbracciare una visione aziendale a tutto tondo, lasciando l'animazione nelle mani dei suoi fedelissimi nine old men.
Nei decenni successivi furono altri i progetti che lo videro coinvolto in prima persona: il cinema live action, i documentari, la televisione, i parchi e persino l'utopica città del domani EPCOT. Eppure verso la fine della sua vita Walt tornò ad interessarsi del medium da cui tutto era cominciato. La Spada nella Roccia (1963) non aveva dato i risultati sperati, a differenza del capolavoro a scrittura mista Mary Poppins (1964), e così Disney pensò bene di seguire in prima persona il successivo lungometraggio animato, dettandone il ritmo e stabilendone il registro. Questa sua intromissione però fu tutt'altro che indolore. Lo sceneggiatore Bill Peet aveva infatti idee molto diverse su come avrebbe dovuto essere il film. Nei suoi piani la storia doveva avere un andamento molto più cupo e in linea con i due libri di Rudyard Kipling. Gli abitanti del villaggio degli uomini avevano un'importanza maggiore, e c'era spazio anche per una caccia al tesoro nelle rovine della giungla. Non era quello che voleva Walt. La divergenza di opinioni con Peet portò all'abbandono dello studio da parte dello sceneggiatore dopo molti anni di collaborazione, e alla totale riscrittura del film ad opera di Larry Clemmons. Disney addirittura suggerì a Clemmons di prendere il più possibile le distanze dalle fonti originali, pur di realizzare la sua visione di un festoso safari musicale.
L'Arte delle Scenette
Il Libro della Giungla racconta la storia di Mowgli, un trovatello che viene allevato da una famiglia di lupi nella giungla indiana, e che una volta cresciuto deve essere ricondotto al villaggio d'appartenenza, per sfuggire alla tigre Shere Khan. Suoi compagni di viaggio sono il coscienzioso Bagheera, una pantera, e l'irresponsabile orso Baloo. Come voluto da Walt, i libri di Kipling rappresentano solo una lontana fonte d'ispirazione per un film in cui il registro drammatico viene messo da parte, lasciando il posto alla commedia, alla spensieratezza e al divertimento. Il lungometraggio rappresenta senza dubbio l'emblema dell'animazione disneyana negli anni della xerografia. Quella narrata infatti è una vicenda semplice e dai toni leggeri, con un ricco cast di personaggi animali e una struttura fortemente episodica. Ogni caratteristica strutturale dei lungometraggi coevi viene così ripresa e portata ai massimi livelli, contribuendo a definire formule e stilemi che ritroveremo anche in opere successive quali Gli Aristogatti (1970) e Robin Hood (1973).
Ancora una volta la regia è curata da Wolfgang Reitherman, che in quegli anni aveva preso il controllo del reparto animazione, dirigendo ogni lungometraggio uscito dagli anni 60 in poi. Buona parte della colonna sonora è invece firmata dai Fratelli Sherman, ormai dei veterani del campo. È soprattutto grazie alla loro musica e alla bravura degli animatori che il film riesce a reggersi sulle sue gambe, malgrado una trama frammentaria: la vicenda è infatti interamente basata sui bizzarri personaggi che Mowgli incontra sul suo cammino, e sui numeri musicali che questi episodi innescano. Ogni membro del cast ha una propria canzone con cui si presenta, e che fa “perdere” al cucciolo d'uomo il tempo necessario per l'avanzamento della trama. Per quanto questa struttura a sketch possa sembrare fin troppo semplice, il film funziona benissimo. La sua frammentarietà è ottimamente compensata da alcune costanti narrative molto forti, quali il rapporto fra Mowgli e Baloo, o il senso di minaccia dato dall'incombere di Shere Khan, materiale in grado di dipanare la trama nel pieno rispetto delle cristalline strutture narrative disneyane. Insomma, il film dimostra il suo valore su ogni fronte proponendo dialoghi brillanti, una trascinante colonna sonora, dei tempi comici impeccabili e infine il cavallo di battaglia degli artisti: un'eccellente animazione.
Un Safari a Ritmo di Jazz
Uno degli aspetti migliori della pellicola è il design dei personaggi, impeccabilmente realizzato da Ken Anderson. Raramente gli studios erano riusciti a dare vita ad animali tanto caratterizzati e dall'animazione così sofisticata. Al film infatti lavorarono alcuni dei migliori membri dei nine old men: Frank Thomas, Ollie Johnston, Eric Larson, Milt Kahl e John Lounsbery. A quest'ultimo si deve l'aspetto degli elefanti della truppa del Colonnello Hathi, ispirati al suo stesso lavoro fatto sette anni prima in Goliath II (1960). Anche il sofisticato stile di Kahl si sente ovunque, impreziosendo ogni movenza di personaggi come Bagheera, Shere Khan o l'eccentrico primate Re Luigi. Il lavoro sul film venne però distribuito fra i diversi animatori in modo diverso dal solito: anziché affidare ad ogni artista un solo personaggio, si preferì invece farli operare su intere sequenze. Questa scelta andò ad aumentare la qualità delle interazioni tra i personaggi, più spontanee in quanto frutto del lavoro di uno stesso artista.
Un discorso leggermente diverso va fatto per Frank Thomas e Ollie Johnston. I due amiconi infatti lavorarono alle sequenze in cui erano presenti Mowgli e Baloo, operando in modo indifferente su entrambi i personaggi. È difficile riuscire a definire dove finisca il lavoro di uno e inizi quello dell'altro: la loro totale sintonia sia nella vita che nel lavoro riuscì a trasferirsi sulla carta, regalando al rapporto tra l'orso e il ragazzo una marcia in più. La regola d'oro che i due animatori avrebbero più tardi espresso nel loro libro The Illusion of Life, era che il bravo artista non deve pensare ad animare le effettive azioni dei personaggi, bensì focalizzarsi su quello che il personaggio pensa e prova, in maniera da attivare un collegamento empatico con lo spettatore. L'intera pellicola è profondamente intrisa di questa filosofia di pensiero, e infatti ogni scena trabocca di finezze recitative che perfezionano quella che gli artisti Disney amavano chiamare l'arte della personality animation. Questo suo perenne focus sulla caratterizzazione dei personaggi rende a buon diritto Il Libro della Giungla il testamento artistico dell'animazione disneyana, al punto che molti anni più tardi il grandissimo Andreas Deja arrivò a definirlo un “film per animatori”. Non sono pochi infatti gli artisti odierni che scelsero di intraprendere la professione perché da bambini rimasero folgorati dalla pellicola, e fra essi si contano, oltre allo stesso Deja, anche i grandissimi Sergio Pablos, Glen Keane e Brad Bird.
Sovrascrivere la Musica
Come nella maggior parte delle produzioni disneyane coeve, al timone delle strumentali di The Jungle Book troviamo il collaudatissimo George Bruns, il cui stile “cupo” sembra fatto apposta per compensare la frivolezza della pellicola. Sebbene siano presenti ancora una volta dei ricicli da precedenti colonne sonore, il sapore esotico della partitura di Bruns funziona molto bene, riuscendo a immergere lo spettatore nelle misteriose atmosfere della giungla indiana. Molto diverse sono invece le canzoni dei Fratelli Sherman, reclutati da Walt per infondere nel film il loro spirito giocoso, a dispetto di quanto invece avrebbe voluto realizzare Bill Peet. I due compositori si ritrovarono nella condizione di sovrascrivere il loro lavoro a quello svolto da Terry Gilkyson, che si era invece occupato delle canzoni nella versione di Peet.
- Colonel Hathi's March - La prima canzone del film è questa allegra marcetta, la cui funzione è presentare la pattuglia di elefanti di Hathi. L'idea di reinterpretare un branco di pachidermi in chiave militare, facendoli comportare come soldati solo per assecondare le fisse del loro capo, è a dir poco geniale. Si tratta di un brano molto breve, che godrà tuttavia di un reprise più avanti nel film.
- The Bare Necessities - La canzone di presentazione dell'orso Baloo è uno dei pezzi più godibili e celebrati di tutta la pellicola. Non è stata scritta dai Fratelli Sherman bensì da Terry Gilkyson, ed è l'unico suo brano ad essere arrivato nella versione definitiva del film. Si tratta di una canzone orecchiabile e trascinante, capace di portare avanti la vicenda spiegando la filosofia di vita di Baloo, improntata al minimalismo e all'improvvisazione. Alcuni concetti espressi sono deliziosamente aberranti (se farai come quell'ape... ti stancherai troppo!) e giungono in anticipo di trent'anni su Hakuna Matata, canzone analoga contenuta nella colonna sonora di The Lion King (1994). Il titolo del pezzo nasconde un gioco di parole, dato che significa “lo stretto indispensabile” ma si pronuncia allo stesso modo di “le necessità dell'orso”.
- I Wanna Be Like You - La canzone di Re Luigi rappresenta la scena madre del film. Nelle rovine di un tempio indiano questo eccentrico orangutan cerca di scoprire il segreto del fuoco, cantando il suo desiderio di evolversi e far parte della società umana. Si tratta di un grandissimo momento, in cui l'anima jazz del film si esprime alla perfezione e tutti i personaggi vengono coinvolti nelle danze. Che si tratti dell'esercito di scimmie agli ordini di Luigi o di Baloo infiltrato tra di loro, ognuno dà il meglio di sé, facendo sfociare tutto in un'allegra rissa, la scena più divertente di tutta la pellicola.
- Trust in Me - Nella seconda parte del film Mowgli entra in conflitto con i suoi due accompagnatori, e finisce tra le spire del pitone Kaa, personaggio già apparso all'inizio e doppiato dall'onnipresente Sterling Holloway. Il brano altro non è che un'ipnotica ninna nanna, sicuramente orecchiabile ma puramente funzionale al procedere della narrazione. Le fattezze di Kaa ispireranno più tardi quelle di Sir Hiss in Robin Hood (1973), così come Baloo sfocerà nel personaggio di Little John.
- That's What Friends Are For - L'ultimo gruppo di personaggi incontrati da Mowgli è questo stormo di avvoltoi, le cui pettinature si rifanno allo stile beatnik di quegli anni. La loro fonte di ispirazione erano infatti i Beatles, ma a causa della cattiva reazione di John Lennon, si pensò di rendere maggiormente velata la citazione. Fra le canzoni questa è probabilmente la meno indovinata: si tratta di un coro a cappella, utile solo ad ammazzare il tempo in attesa del'arrivo del carismatico Shere Khan, che interromperà la scenetta cantando con la sua voce baritonale.
- My Own Home - Anche quest'ultimo brano ha il sapore di una dolce e ipnotica ninna nanna. A cantarla non è però un predatore, bensì la piccola Shanti (come verrà chiamata in seguito). Questa bambina ammaliatrice riuscirà finalmente ad attirare Mowgli all'interno del villaggio degli uomini, facendogli vincere la sua iniziale ritrosia. Si tratta di una conclusione davvero arguta per il film, che viene ulteriormente valorizzata dal consolatorio reprise di The Bare Necessities, in cui vediamo Bagheera ergersi su due zampe per cantare insieme a Baloo, in una delle chiose più virili e cameratesche della storia Disney.
Addio, Walt...
I risultati de Il Libro della Giungla al botteghino furono veramente ottimi. Il film uscì nel 1967, dieci mesi dopo la scomparsa di Walt, il quale non riuscì purtroppo a vederlo ultimato. Pochi mesi prima lo studio aveva lanciato Scrooge McDuck and Money, primo loro lavoro con protagonista Zio Paperone, e nel frattempo il progetto Winnie the Pooh stava procedendo a gonfie vele. Non poteva esserci scenario migliore per salutare l'uomo che aveva portato l'animazione allo stato dell'arte. La storia di Mowgli fu un successo sia per gli indubbi meriti della pellicola, sia per il suo tempismo: il film riuscì a incanalarsi nell'ondata di commozione che colse il mondo nei mesi successivi alla morte di Walt Disney, partendo quindi già avvantaggiato. La critica stessa fu generosa con il lungometraggio, molto più di quanto lo sarebbe stata con i film successivi, di impostazione analoga ma privi della firma del grande artista. Quel che è certo è che Il Libro della Giungla fece scuola, diventando un riferimento assoluto per le produzioni coeve, che avrebbero attinto alla pellicola, traendone ispirazione sia per quanto riguarda il comparto grafico che per quello narrativo. La morte di Walt cambiò completamente il clima agli studios, che da quel momento in poi si ritrovarono chiaramente a brancolare nel buio, dubbiosi su quale direzione prendere.
Con Walter Elias Disney non se ne andava solamente un grande uomo d'affari, ma anche un artista visionario e un utopista. È chiaro che la sua perdita significò ridimensionare moltissimo gli intenti della sua stessa Company, basti pensare al futuristico progetto EPCOT, trasformato da città a museo nel giro di pochi anni. Il Libro della Giungla fu anche uno dei film in cui questo mutamento di politiche si riversò maggiormente. A partire dagli anni 90 infatti i reparti televisivi della Company iniziarono a sfruttarne personaggi e ambientazioni, realizzando ben due serie televisive ad esso ispirate: Tale Spin (1990) che riproponeva Baloo, Luigi e Shere Khan nelle vesti di animali antropomorfi, e Jungle Cubs (1996) in cui l'intero cast veniva ripresentato in versione baby, narrando l'improbabile infanzia di questi personaggi. Non mancò il cheapquel di rito, The Jungle Book 2 (2003), prodotto sotto l'etichetta DisneyToon Studios e uscito addirittura nelle sale cinematografiche, in cui Mowgli si ritrovava di nuovo a vagare nella giungla, incontrando Baloo e soci, in una vicenda molto curata sotto l'aspetto grafico, ma sgangherata sotto quello narrativo. Infine non si può fare a meno di ricordare la moda dei remake live action dei film d'animazione Disney, che non ha risparmiato nemmeno The Jungle Book (2016), rinarrando la stessa vicenda ma con nuove canzoni scritte da Richard Sherman.
di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).
Scheda tecnica
- Titolo originale: The Jungle Book
- Anno: 1967
- Durata:
- Produzione: Walt Disney
- Regia: Wolfgang Reitherman
- Storia: Ken Anderson, Larry Clemmons, Vance Gerry, Ralph Wright
- Basato su: Mowgli Stories di Rudyard Kipling
- Cast: John Abbott, Sebastian Cabot, Darleen Carr, Verna Felton, Phil Harris, Sterling Holloway, Clint Howard, Lord Tim Hudson, J. Pat O'Malley, Louis Prima, Bruce Reitherman, George Sanders, Chad Stuart, Ben Wright
- Musica: George Bruns, Richard M. Sherman
- Supervisione dell'Animazione: Ollie Johnston, Milt Kahl, John Lounsbery, Frank Thomas
Credits
Nome | Ruolo |
---|---|
John Abbott | Cast (Wolf) |
Ken Anderson | Storia |
Frank Armitage | Fondali |
Dale Barnhart | Layout |
George Bruns | Musica |
Sebastian Cabot | Cast (Bagheera the Panther) |
Darleen Carr | Cast (The Girl) |
Larry Clemmons | Storia |
Eric Cleworth | Animazione |
Tom Codrick | Layout |
Basil Davidovich | Layout |
Al Dempster | Fondali |
Walt Disney | Produttore |
John Ewing | Animazione |
Verna Felton | Cast (Elephant) |
Vance Gerry | Storia |
Don Griffith | Layout |
Phil Harris | Cast (Baloo the Bear) |
Fred Hellmich | Animazione |
Sterling Holloway | Cast (Kaa the Snake) |
Clint Howard | Cast (Elephant) |
Lord Tim Hudson | Cast (Vulture) |
Ralph Hulett | Fondali |
Ollie Johnston | Animatore principale |
Milt Kahl | Animatore principale |
Hal King | Animazione |
Rudyard Kipling | Storia Originale (Mowgli Stories) |
Eric Larson | Animazione |
Bill Layne | Fondali |
John Lounsbery | Animatore principale |
Dick N. Lucas | Animazione |
J. Pat O'Malley | Cast (Col. Hathi the Elephant, Buzzie) |
Louis Prima | Cast (King Louie of the Apes) |
Bruce Reitherman | Cast (Mowgli) |
Wolfgang Reitherman | Regista |
Art Riley | Fondali |
Sylvia Roemer | Layout |
George Sanders | Cast (Shere Khan the Tiger) |
Richard M. Sherman | Canzoni |
Walt Stanchfield | Animazione |
Chad Stuart | Cast (Vulture) |
Frank Thomas | Animatore principale |
Thelma Witmer | Fondali |
Ben Wright | Cast (Wolf) |
Ralph Wright | Storia |